
Per poter spiegare al meglio cos’è e come si pratica lo Shadow working, ovvero il lavoro con le ombre, bisogna partire dal principio: cosa si intende quando si parla delle nostre ombre?
Le ombre sono tutte quelle parti di noi che rimangono nascoste, spesso e volentieri perché un giorno abbiamo deciso di ignorare una determinata parte perché non ci piaceva o non avevamo voglia di affrontarla perché ci faceva soffrire. Da quel giorno ignorarla è diventato automatico, ma, anche se ci può sembrare, non è sparita, ma continua dal subconscio a condizionarci la vita. Il lavoro con le ombre ha proprio l’obbiettivo di andare a ritrovare quel giorno specifico e andare a lavorare su quello che è successo.
Ma andiamo per gradi. Come funziona a livello mentale questo insabbiamento? Quando subiamo un trauma, grande o piccolo che sia, il nostro cervello registra che quello che è successo (o magari anche un piccolo particolare di quell’evento) = dolore (spesso emotivo) e di conseguenza crea un metodo autoprotettivo che si attiva quando qualcosa del genere torna a succede. Ma non solo. Questa protezione si attiva tutte le volte che comincia a succedere qualcosa che lontanamente potrebbe portare a quel risultato. È un atteggiamento completamente subconscio in cui però con questo lavoro dobbiamo portare consapevolezza.
E come si fa effettivamente lo Shadow working?
Online (soprattutto su Pinterest) potete trovare tantissime domande da cui cominciare. A me non hanno ispirato mai tantissimo, ma magari per qualcuno sono utili. Io non le trovo utili perché, anche se ti risuonano, rischi di andare a lavorare su emozioni che al momento non sono attive, e questo non facilita il lavoro. Quello che consiglio invece è di osservarsi: come reagiamo a ciò che ci succede? Ci sono eventi della nostra vita a cui reagiamo in modo smisurato? Ci sono emozioni/paure che ci tornano fuori costantemente? Quando queste si esternano? Da qui comincia il viaggio dentro se stessi.
Lo strumento più usato per questo viaggio è la scrittura a mano: questo perché ha una lentezza tale da permettere alla mente di non prendere la prima risposta che arriva come per buona, ma le dà il tempo di creare dubbi ed altre domande che aprono strade. Il tipo di scrittura da utilizzare può variare: c’è chi si trova meglio con la formula del botta e risposta (si può parlare con il suo sé superiore, oppure dare un nome alla propria ombra e parlare direttamente con lei), si può usare la forma della lettera, del diario, o della semplice scrittura istintiva. La cosa importante è, mentre si fa questo, ascoltare le proprie emozioni, tenerle dentro di sé e cercare di capire quando è stata la prima volta che l’abbiamo provata.
Stesso concetto anche con altri metodi: c’è chi per esempio con la scrittura proprio non si trova e preferisce fare la stessa cosa con la meditazione e visualizzazione. Non ne ho mai avuto esperienza ma penso che in un certo modo si possa lavorare anche con il disegno e i colori.
Quando diventerete esperti il percorso sarà questo: qualcuno vi fa arrabbiare o succede qualcosa che vi crea una forte emozione, la vivete senza nasconderla, la ascoltate e sentite dove va nel corpo. Quando sarà scemata prendete carta e penna e cominciate chiedendovi cosa ha scatenato questa emozione. E da qui inizia un percorso di domande e risposte che vi porta indietro nel tempo fino alla prima persona o evento che ha scatenato in voi quell’emozione, quindi al momento esatto in cui la vostra mente ha creato la protezione. Qui è il momento di lavorare con il bambino interiore per risolvere la problematica (“ma questa è un’altra storia” cit.).
In realtà, soprattutto all’inizio incontrerete molte difficoltà: la prima fra tutte è cercare di essere completamente sinceri con voi stessi (siamo bravissimi a mentirci), poi ci saranno molti momenti di blocco, in cui non vi verrà in mente nessuna altra parola da scrivere anche se sapete di non essere arrivati al punto, e tanti altri attriti. Continuate però. Non arrendetevi. Magari se in quel momento non funziona lasciate lì per un po’ e riprendetelo quando torna a succedere: perché non vi preoccupate, se iniziate a lavorare su qualcosa la vita continuerà a mettervela davanti sino a quando non sarà risolta.
Scoprirete cose della vostra infanzia ed adolescenza che non immaginate, e vi assicuro che non tutti i traumi sono quello che pensate.
Piccolo consiglio finale. Il lavoro con le ombre è molto pesante e richiede tanta energia. Rispettate il vostro bisogno di riposo dalla pratica, ed ogni tanto, per ricacare le energie, lavorate anche in positivo. Per esempio rispondete a questa domanda: “per cosa sono grata nella mia vita?”
Buon lavoro!!
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